La psicoanalisi della coppia e della famiglia teorizzata dalla Concezione Operativa di Gruppo è effetto di una ricerca interna alla Psicoanalisi che inizia negli anni ’50 in Argentina con Pichon-Rivière e i suoi collaboratori, sulla natura gruppale e familiare della sofferenza psichica.
Continua con i lavori di J. Bleger sull’identità gruppale o sincretica, e negli anni ’70 in Europa (Italia, Spagna, Svizzera) con il lavoro di A. Bauleo e i suoi allievi, da cui emerge la nozione di soggetto collettivo.
Non si può comprendere il pensiero di Pichon-Rivière se non si vedono gli sforzi che fa per aprire il pensiero di Freud sui nessi tra individuo e società.
Continuando a lavorare con il metodo della psicoanalisi clinica, Pichon-Rivière introduce la nozione di emergente, la teoria del deposito e la nozione di vincolo.
La nozione di vincolo permette di accedere alla socialità per interazione o nevrotica, alle trame, alle rappresentazioni, allo psichismo, dove il modo di organizzazione delle trame include i meccanismi di difesa e con essi le vicissitudini della famiglia e di ciascuno dei suoi membri.
Nel caso di una psicoanalisi familiare, la teoria degli ambiti permette di guardare con un doppio sguardo: ora la famiglia, ora l’individuo.
La nozione di ambito apre una prospettiva concettuale e tecnico-metodologica enorme, trasformandosi gradualmente nel contenuto concettuale che permette di collocare il gruppo come soggetto.
La teoria del deposito permette di lavorare sui vincoli bloccati nei circoli viziosi di un conflitto stereotipato, simbiotico o di fusione, interno a una famiglia o a uno dei suoi membri, e di rimettere in movimento il gioco dell’identificazione proiettiva-introiettiva con cui trasformiamo elementi della socialità gruppale per partecipazione in elementi della socialità per interazione.
La partecipazione è il fenomeno attraverso il quale si stabilisce o si mantiene il sincretismo della simbiosi familiare.
Qualsiasi cambiamento passa attraverso la differenziazione di pezzi della sua organizzazione sincretica (precipitato di identificazioni che si vanno addensando in conglomerati), nell’intergioco tra le sue vicissitudini e le elaborazioni e differenziazioni dei suoi compiti.
Mettendo in primo piano il fenomeno della partecipazione, il processo che si sviluppa non è più di progressiva connessione tra i suoi membri, ma di graduale distacco e individuazione.
Anche la differenziazione dei sessi e delle generazioni, inter e transgenerazionali, sarebbe un effetto di quel processo di disconnessione.
Al momento della nascita gli individui sono immersi in una interrelazione massiccia, globale, in una organizzazione sincretica. In altre parole, non sono gli individui a formare i gruppi, ma i gruppi che formano gli individui (J. Bleger).
Il concetto di simbiosi, e quello di simbiosi patologica, strumenti concettuali e categoriali che parlano di fatti clinici estremamente importanti per la comprensione di ciò che succede in un gruppo familiare, acquistano un nuovo senso.
Man mano che esce dall’idea di gruppo come insieme di persone (molteplicità), A. Bauleo entra ed elabora la nozione di gruppalità.
Il triangolo famiglia/compito/terapeuta — versione complessa dell’articolatore di Freud, l’Edipo — permette il decentramento del soggetto e porta in primo piano il vincolo tra i soggetti (A. Bauleo 1978, 2000).
Il compito, elemento centrale del setting, diventa perno del processo familiare e, assieme al controtransfert del terapeuta, permette una valutazione diagnostica e che il processo terapeutico inizi ad organizzarsi.
Con A. Bauleo la nozione di emergente e di unità di lavoro (emergente/interpretazione/nuovo emergente) si va via via precisando nella concezione.
L’emergente assume le stesse caratteristiche del lapsus, di un atto mancato: irrompe inaspettato e trasforma la situazione attuale; ci arriva dalla fantasia in gioco nel vincolo di cui è una risposta e ha carattere circostanziale, perché ha a che vedere con qualcosa che sta intorno, nei paraggi, nelle vicinanze — anche se concorre a determinare decisioni, atti, eventi.
Per interpretare il vincolo dobbiamo cercare sempre l’immaginario.
Nei vincoli messi in movimento dalla situazione attuale che il soggetto va sperimentando, si produce una molteplicità di sensi e significati.
Emergono e si vanno organizzando produzioni simbolico-immaginarie a cui tutti partecipano.
Nei va e vieni si assumono e si assegnano ruoli, emergono ansie e, soprattutto, emergono fantasie.
Questo modo di vedere lo sviluppo ci fa parlare di produzione di soggettività.
Nella tecnica, la nostra interpretazione si orienta in base ai seguenti obiettivi, per mobilizzare situazioni bloccate e stereotipate:
- trasformare la partecipazione in interazione, il che equivale a:
- introdurre la divisione schizoide al posto della fusione
- trasformare la confusione e l’ambiguità in conflitto
di Lucia Balello